martedì 9 ottobre 2012

Ma cosa ci stai a fare allora? (nel sindacato)

Me lo chiedono in tanti, decisamente in troppi.
Ma se la pensi così perché rimani in Cgil?
E come la penso? Cosa c'è di strano nel pensare di voler aprire una discussione su un modo nuovo di tutelare il lavoro quando le persone sono le stesse ma il mondo è cambiato?
Ah, l'articolo.
Sì, è una storia vecchia, sì, mi ha fatto male. Ma non c'è solo quello.
E non c'è solo ora.

Perché se la rabbia fa bene, la frustrazione no.
Rende soli e io sola non voglio rimanere.
Per formazione, per passione, per bisogno.





Quelle piovute in questi giorni sono in realtà domande a cui cerco di rispondere da mesi, ogni volta che qualcuna/o nella mia situazione si scaglia contro il sindacato, ogni volta che parliamo di quali strumenti abbiamo per essere lavoratori e persone pur non essendo dipendenti.
Come affrontare il problema della difesa del lavoratore e non solo del posto di lavoro senza arrivare al populismo e alle facili ricette che vorrebbero un "togliete a loro per dare a noi"?
E' una linea sottile, un filo senza rete di protezione. Ma credo sia necessario percorrerlo o quantomeno provarci oltre la semplificazione di un tweet.
(Ri)detta in termini più prosaici: è possibile trovare uno spazio per difendere anche liberi professionisti e cocopro oltre la vertenzialità legata al posto fisso?
Esiste un modo per difendere anche chi non avrà mai il posto fisso? E' possibile trovare strumenti per queste persone, per permettere loro quel che prima era una vita "normale"?


Io vorrei provarci. E ci sono molte cose da cui ripartire.

Ci sono gli occhi azzurri di chi mi racconta le storie dei bollini e delle fabbriche, perché son convinta che il sindacato siamo noi. E so che sono quegli occhi i primi a capirmi
Ci sono il sentirsi parte di un collettivo e di una comunità e aver voglia di crederci ancora
Ci sono le persone che mi hanno aiutata in questi anni
Ci sono i percorsi intrapresi e i problemi risolti a me diventati risorsa collettiva
Ci sono le bandiere e le canzoni
Ci sono quelli che dicono "hai ragione", facendolo magari in privato
Ci sono quelle che mi dicono "avanti"
Ci sono gli occhi delle altre ragazze che guardano mia figlia con invidia (buona)
C'è la loro paura a rischiare, che non è paura di un singolo ma di una generazione che vorrebbe pensarsi padre e madre

C'è la convinzione che il sindacato siamo noi
C'è la mobilità sociale, che è un problema di tutti
C'è la politica, che deve imparare a guardarsi dentro e a trovare risposte nuove per bisogni antichi, anche molto semplici: vivere.
Oggi, ora.

A me sembrano ancora buoni motivi


1 commento:

  1. Cara Daniela,
    sono mille i buoni motivi, ma lo scoramento e la delusione che viene dai sindacati/sindacalisti che a stento riescono a/vogliono tutelare anche i lavoratori dipendenti di fabbriche gigantesche (proprio in queste ore) fa cadere le braccia e fa precipitare i mille motivi.
    E, bada bene, lo dico come neoiscritta del NIDIL. Visto come è il mondo del lavoro oggi, come è la vita da co.co.pro pensavo che non mi sarei mai iscritta ad un sindacato. Però le cose peggiorano e ho dovuto cedere al mio stesso ragionamento "lo stato non ti da diritti, proviamo a tutelare i pochi che ho e i miei interessi con l'aiuto di un sindacato". L'ho fatto e da sola ammetto che è poco per iscriversi ad un sindacato, per la concezione che avevo dello stesso, per quello che significa un sindacato e la sua storia.

    Putroppo quello che vedo attorno a me, anche nell'azienda da cui lavoro, è menefreghismo più completo associato a una sorta di "razzismo". Passami la parola, ma questo è. Tutti guardano il loro piccolo orticello, senza interessarsi minimamente della società. Io scioperavo e aderivo alle manifestazioni contro l'abolizione dell'art.18 anche se non mi riguardava direttamente, alle manifestazioni contro la chiusura dell'Acciaieria della mia città (tanto per fare degli esempi)...ma tutti quelli con i diritti assodati dov'erano alle manifestazioni contro il precariato, dove sono quando se ne parla e si dibatte? Non li riguarda. Punto. Questo è il pensiero dilagante. Ancora qualche nucleo famigliare si riesce a comporre perché qualcuno della nostra generazione (30-40enni) uni) un'entrata fissa ce l'ha. Più l'aiuto dei genitori.
    Lascia passare qualche anno e si accorgeranno dello sfacelo che hanno creato, quando da due persone in una coppia non si tirerà fuori uno stipendio per una vita dignitosa - men che meno per un figlio - quando - ahimé, ma questa è la vita - i parenti a dare il sostegno saranno morti o con pensioni da fame.
    Tutto ciò senza minimamente aprire il capitolo politica, per non addentrarmi in sterili polemiche.

    Questi sono i miei pensieri quotidiani, questa è la realtà, quello che mi spaventa è la mentalità, è il lassismo che ci impedisce di portare all'attenzione del Governo (di qualunque colore esso sia) questi temi, di pretendere che siano argomenti iscritti al primo punto dell'agenda politica! Sarei ben felice se insieme riuscissimo a trovare un modo!

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